Fantasma
La recensione del disco
Di Matteo Franza
Pontificare: dal latino medievale: esercitare l'ufficio di vescovo, dal latino pontifex antica carica sacerdotale, composto da [pons] ponte e [facere] fare - poiché legata alla costruzione e allo smontaggio per motivi di difesa del sacro Ponte Sublicio, per lungo tempo unico ponte di Roma
Ecco, la premessa etimologica serve un po' per farvi capire che questa è una recensione che non sa che farsene dell'imparzialità. Insomma, noi adesso ci metteremo a pontificare (ovvero dire il cazzo che ci pare) su questioni musicali per farvi venire voglia di scaricare questo album (su itunes costa 10 euro, come uno di quegli aperitivi a base di pasta scotta e cous cous posticcio a cui vi invita gente di cui vi importa poco, ma che poi sono già quattro volte che gli dite di no e allora finisce che ci andate e ve ne pentite per giorni). Altrimenti anche a gratis qualcosa si trova.
"Fantasma". Il primo concept album dichiarato della band, (per quanto anche gli altri lavori avessero un sottile risvolto ontologico (ontologico, mbe?) che legava tra loro tutte le canzoni). Registrato metà in Polonia con la Film Harmony Orchestra (per questione di qualità/prezzo. far suonare tanta gente tutta insieme costa una barca di soldi, e questo è l'amore ai tempi delle major), orchestra sinfonica di 60 elementi, che li accompagneranno nelle 4 date del tour teatrale, e l'altra metà a Montepulciano, nella residenza medicea, nonché l'ex-liceo del loro paese.
Veniamo al suono. L'approccio orchestrale si riflette anche nella scelta di un suono non compresso (la compressione è quella cosa per cui si rende il suono più omogeneo possibile. Da un lato diventa più regolare e più adatto ad essere ascoltato con le cuffiette o con le casse sceme di un pc, dall'altro ne elimina la profondità e le peculiarità). Di conseguenza, mancando la batteria, il bisogno di "urlare" viene meno, e i timbri vocali di tutto l'album hanno una tonalità molto più bassa. L''impressione che si ha è quella di un suonodenso, complesso, forse eccessivo per chi (come il sottoscritto) è abituato a masticare solo roba fatta di batteria-basso-chitarra . Oltretutto (giusto per capirsi sulla questione della facilità di ascolto), è pensato come una sequenza di brani alternati ad aperture e intermezzi strumentali (non il massimo da ascoltare con lo shuffle, ma la musica orchestrale was born this way). Una specie di mattone, se vogliamo, ma in fin dei conti se si vogliono raccontare le cose per bene c'è bisogno di spazio. E l'umanità si ricorda dei mattoni tipo Guerra e Pace, non dei Leggo che sono nella metro.
L'apertura del disco, Fantasma (titoli di testa) torna ad omaggiare le colonne sonore di Morricone. A differenza dei tributi agli western di Sergio Leone, presenti in Amen e ne I Mistici dell'Occidente, questa volta si tratta delle musiche per i primi film di Dario Argento, e in particolare della trilogia degli animali ( L'uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code, 4 mosche di velluto grigio). L'effetto straniante e ipnotico, a metà tra un carillon e il sottofondo di un incubo, è ottenuto con uno strumento tanto meraviglioso quanto curioso: la glassarmonica, o armonica a bicchieri, un pianoforte che invece dei tasti ha delle piccole sfere di vetro che si suonano sfiorandole con le dita bagnate (come coi calici dei bicchieri).
Non stiamo qui a fare l'elenco di tutte le canzoni, ma vi segnaliamo, oltre al singolo La morte (non esiste più), una storia d'amore tra due persone anziane, Diorama, e cioè una gita al museo di storia naturale. Il Finale è ispirata alla bellissima storia del compositore da camera francese Messiaen, che prigioniero dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale, e pensando evidentemente di non sopravvivere, compose Quatour pour la fin du temps (Quartetto per la fine del tempo), per violino, clarinetto, violoncello e pianoforte. Grazie alla compiacenza di un ufficiale nazista appassionato di musica, quest'opera fu eseguita più di una volta nel campo di concentramento, alla presenza di guardie e prigionieri, ed è tuttora considerata una delle migliori composizioni da camera del secolo. Inoltre, la scelta di una melodia e di un testo così dolci e armoniosi per descrivere un contesto terribile e drammatico, ricorda molto una delle canzoni più struggenti dei Baustelle, e cioè Alfredo dell'album Amen. Cristina nasce invece come spunto dopo una conversazione avuta con una ex, e Conta l'inverni, cantata in romanesco (per una questione di metrica dice Bianconi), è la borgata disillusa e disperata che ritorna ancora una volta nel loro immaginario (I Provinciali, L'aeroplano, La Bambolina).
Insomma, questo è quanto. Noi capiamo che la roba sinfonica non sia propriamente la musica che siete abituati ad ascoltare, e capiamo benissimo che possano non piacervi i Baustelle. Esiste tantissima gente a cui ad esempio non piace la parmigiana, ne esiste molta altra a cui non piacciono le mandorle. Però ecco, questo è il nostro tentativo di portarvi sulla buona strada. Poi fate voi.