MOBY DICK : Cap.XLI - LII
Siamo alla terza parte della lettura guidata e illustrata
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MOBY DICK
(cap. XLI - LII)
Siamo attualmente sulla baleniera Pequod e il narratore: Ishmael
e il suo amico il ramponiere Queequeg hanno appena fatto conoscenza
del capitano Achab e del suo odio viscerale per la balena bianca.
Oh ci fu un tempo che l'alba mi stimolava generosamente e il tramonto mi dava sollievo. Ora non più. Questa luce bella non illumina me; ogni bellezza per me è angoscia, perché non provo più gioia. So percepire il sublime, e mi manca la bassa capacità della gioia. Sono dannato nel modo più sottile e perverso, dannato in mezzo al paradiso!
Mi credono pazzo: Starbuck mi crede pazzo; ma io sono demoniaco, io sono la pazzia impazzita. Quella pazzia selvaggia che è calma solo per capire se stessa! La profezia ha detto che sarei stato smembrato, e difatti! Ho perso questa gamba. Io ora profetizzo che smembrerò il mio mutilatore.
XLI • MOBY DICK
. Ma nella vita di mare le fandonie, appena trovano una qualche verità a cui appigliarsi, abbondano assai più che sulla terraferma. E come in questo il mare supera la terra, così la pesca alla balena batte ogni altro genere di vita sul mare per la natura paurosa e sbalorditiva delle dicerie che qualche volta vi circolano. Nel loro complesso, difatti, i balenieri non sono immuni dall'ignoranza e dalla natura superstiziosa che sono ereditarie tra i marinai;
Costretti dunque a vivere tra fatti così stupefacenti, e sapendo che la balena bianca era sempre scampata a ogni attacco temerario, non c'è da meravigliarsi molto se qualche baleniere si dimostrava ancora più superstizioso, e affermava che Moby Dick non solo possedeva l'ubiquità ma era immortale (perché l'immortalità non è che ubiquità nel tempo); per quanto gli piantassero nei fianchi foreste di lance, se ne sarebbe andato sempre illeso
E ciò che rendeva la balena una creatura terribile non era tanto la sua grandezza eccezionale o quel colore impressionante, e nemmeno la sua mascella deforme, quanto la cattiveria intelligente e inaudita che stando a certi resoconti precisi essa aveva mostrato più e più volte nei suoi attacchi.
Un capitano, trovandosi attorno le sue tre lance sfondate e remi e uomini che piroettavano nei gorghi, aveva afferrato il coltello da lenza dalla prua spaccata e si era buttato sulla bestia
Quel capitano era Achab. E fu allora che menandogli di sotto all'improvviso la sua mandibola a roncone Moby Dick gli aveva falciato la gamba, come fa il mietitore con un filo d'erba ai campi.
Sulla gobba bianca della balena ammucchiava il peso di tutta la rabbia, di tutto l'odio sentiti dalla sua razza fino da Adamo. Se il suo petto fosse stato un cannone, gli avrebbe sparato il cuore.
, per lunghi giorni e settimane e mesi Achab e l'angoscia giacquero insieme su un'unica branda, fu allora che il corpo squarciato e l'anima ferita sanguinarono l'uno nell'altro, e mescolandosi così lo fecero impazzire
la sua peculiare demenza diede l'assalto alla sua salute complessiva, la espugnò, e concentrò il tiro di tutti i suoi cannoni sull'unico suo pazzo bersaglio. Sicché Achab non aveva perduto affatto la sua forza, e anzi possedeva ora, per quell'unico scopo, un'energia mille volte maggiore di quella che mai aveva diretto da sano verso un unico oggetto ragionevole.
Questo è già impressionante: ma non si era ancora detto nulla del lato più vasto, più cupo, più profondo di Achab
XLII • LA BIANCHEZZA DELLA BALENA
Nessuno di noi due sa dove si trovino le cose senza nome cui allude il segno mis terioso, ma per me come per il puledro, in qualche posto quelle cose debbono esistere. In molti dei suoi aspetti questo mondo visibile pare informato d'amore, ma le sue sfere invisibili furono formate nello sgomento.
Dio, che estasi di torture sopporta l'uomo consumato da un unico insoddisfatto desiderio di vendicarsi! Dorme coi pugni stretti, e si sveglia coi segni del sangue sulle palme.
XLVIII • LA PRIMA CALATA IN MARE
«Forza, forza, belli, cuoricini miei, forza figli, forza piccini miei!» sospirava dolce e carezzevole Stubb alla sua ciurma, vedendo qualcuno ancora turbato. «Perché non vi rompete i reni, bimbi miei?
Vi strozzi il diavolo, carogne, morti di fame: dormite tutti! Piantatela di russare, morti di sonno, e sotto ai remi
Gli capitava di dire alla ciurma le cose più terribili, in un tono così stranamente misto di scherzo e di rabbia
Ma ciò che Achab l'oscuro diceva a quel suo equipaggio giallo-tigre erano parole che è meglio omettere, visto che vivete nella beata luce d'una terra evangelica. Solo gli squali empi del mare senza paura possono sentire parole come quelle che Achab scagliava, saltando dietro alla preda con la fronte piena di tempesta, gli occhi arrossati di omicidio, e la schiuma alle labbra.
Era uno spettacolo pieno di viva meraviglia e di paura! Il mare onnipotente che si gonfiava in masse d'acqua, ; la breve, sospesa agonia della barca mentre si rizzava per un attimo sul taglio delle onde più affilate, che quasi parevano minacciare di tagliarla in due; l'improvviso sprofondare nelle valli e nei burroni d'acqua; i vivi colpi di sperone e pungolo per guadagnare la vetta dell'altura di fronte, la precipitosa scivolata da slitta giù per l'altro fianco: tutto ciò, e le grida dei capoccia e dei ramponieri e i rantoli dei rematori, e la vista meravigliosa del Pequod eburneo che scendeva sulle sue lance a vele spiegate come una chioccia selvatica sui pulcini strillanti, tutto ciò era emozionante. Non la recluta inesperta che passa dal seno di sua moglie alla febbre della prima battaglia, né lo spettro del morto che incontra all'altro mondo il primo fantasma sconosciuto, nessuno dei due può sentire emozioni più strane e più forti dell'uomo che si trova a vogare per la prima volta dentro la magica cerchia di spuma del capodoglio inseguito.
Un suono breve e vibrante guizzò dalla lancia: il ferro scagliato da Queequeg. Poi tutto a catafascio venne una spinta invisibile da poppa
Tutto l'equipaggio venne sbattuto alla rinfusa e quasi asfissiato nella bianca cremosa schiuma della burrasca. Burrasca, balena e arpione si erano fusi assieme.
LII • L'ALBATRO
«Barra sopravvento! Raddrizzala per il giro del mondo!»
Il giro del mondo! Parole che ispirano tanti sentimenti di orgoglio; ma dove ci porta tutta questa circumnavigazione? Soltanto, attraverso pericoli innumerevoli, al punto esatto da dove eravamo partiti, dove quelli che abbiamo lasciati indietro al sicuro sono stati per tutto il tempo davanti a noi.
Aggiungo quindi l'illustrazione di
altri componenti dell'equipaggio
prima che ne leggiate i nomi domandandovi
di chi stiamo parlando