PLOTS – Teatri d’Europa in scena
"Guardalu quiddu, ancora tisu!"
Di Valeria Nicoletti
“Trasiti,mena, ca nun c’è tiempu…sbrigatibbe…cuardalu quiddu, ancora tisu!”, è una colorata, e colorita, buttadentro, che trascina gli spettatori curiosi di questo inatteso siparietto a inaugurare il primo spettacolo di PLOTS – Teatri d’Europa in scena, rassegna a vocazione internazionale realizzata dai Cantieri Teatrali Koreja, teatro stabile indipendente della città di Lecce, con Mercuri Theatre di Colchester (Inghilterra) e Modjeska Theatre (Polonia).
Spettacoli in anteprima assoluta, per un piccolo festival teatrale nell’ambito del progetto europeo Plots, con il sostegno del Programma Cultura 2007-2013 e la partecipazione del Comune di Lecce, dello Youth Cultural Center di Skopje (Macedonia) e del Drama and Puppet Theatre Pazardzhik (Bulgaria). Scopo immediato del progetto è la collaborazione, la convivenza osmotica e lo scambio tra attori di differenti origini ed esperienze, tramite per la realizzazione dell’obiettivo finale, ossia la creazione del Centro di Ricerca Euromediterraneo per la Mobilità degli Artisti.
Sono i cornicioni nitidi del chiostro dell’attuale Rettorato, nell’ex convento di Santa Maria del Carmine, che guardano incuriositi il primo dei tre spettacoli del micro festival, una rivisitazione in chiave europea, o est-europea, de “La Tempesta” di William Shakespeare. “TempEst/Burza”, per la regia di Pawel Palcat, è il ghigno di Prospera, il rossetto sbavato di Miranda, gli occhi rossi di Caliban, la canottiera macchiata di Ferdynand, identità sbandate racchiuse nel cerchio dell’Unione Europea, che Miranda disegna dividendola in CEE e URSS. I personaggi censurano a fatica gli impulsi, le risate isteriche, le urla, la voglia di cantare, in un’esplosione continua di emozioni fortissime. Ogni attore parla la sua lingua, alla risposta in lingua macedone risponde un’eco bulgara, al ritornello di una vecchia canzone fascista italiana un rimbrotto in polacco e una riflessione in perfetto anglosassone. La tempesta di idiomi e di stati d’animo confonde ma l’intensa espressività fisica degli attori in scena, i pochi centimetri che separano il palco dalla platea aiutano a ritrovare l’orientamento e ad entrare in empatia con quello che succede a un metro di distanza dalla fila di sedie.
Il secondo spettacolo allarga gli orizzonti di una fortunata produzione dei Cantieri Koreja, e cioè “Passioni. Studio sulle Troiane”, rivisitazione del testo di Euripide in chiave salentina che, in occasione della rassegna, accoglie lingue balcaniche e caratteri europei. In scena, un nugolo di donne vestite di bianco che cantano, lavorano, ridono e spettegolano in una babele di voci e smorfie. Fa da perimetro la passeggiata inquieta di un narratore, presente in scena, che, di tanto in tanto, si fa protagonista. Inizia allora lo scontro tra i due sessi, la coalizione femminile contro la violenza dell’uomo, alla quale un’identità si ribella e l’altra cede. Colonna sonora dell’intera performance le percussioni di Vito De Lorenzi che, dal vivo, al pari delle attrici in scena, danno il ritmo, si lamentano, si arrabbiano o sembrano scoppiare a ridere. I personaggi femminili parlano la loro lingua madre ma cantano i sentimenti universali del tremore, del lutto, del dolore in uno spigoloso incatenarsi di silenzi, grida e lacrime.
Doppia replica anche per lo spettacolo che conclude il festival, “Eve Ryman”, realizzato in collaborazione con il Mercury Theatre. In scena la rivisitazione tutta al femminile di uno dei primi dream poem della letteratura inglese “Every man”, fantasmagorica favola medievale. La storia dell’uomo comune, quindi, anzi della donna, riletta da Dio che osserva dall’alto del Paradiso. In scena, la personificazione di Forza, Bellezza, Conoscenza, Morte e Buone Azioni e lei, Eve Ryman, musicista edonista, condannata a una fine annunciata. Per la prima volta in Italia, la performance ideata dal teatro di Colchester, in Inghilterra, mescola cabaret a moderna epopea, lasciando al pubblico l’indecisione di lasciarsi immobilizzare dallo stupore o coinvolgere nell’interazione. Le attrici sulla scena interpretano ognuna una faccia di Eve, e sullo sfondo una città medievale dove il gruppo di artisti sbarca per la prima volta, perdendosi nella scenografia, come una compagnia di girovaghi teatranti d’altri tempi.
Spente le luci, cessati gli applausi, un bicchiere di vino rosso è offerto a tutti i presenti. E poi si riparte. Direzione Legnica, Colchester, Pazardhik e infine Skopje. Lecce è infatti solo la prima delle cinque tappe del progetto europeo, primo approdo di un teatro itinerante, che rifiuta unità e confini.